Nel cuore pulsante della Grecìa Salentina, tra le distese d’ulivi e il soffio vitale della natura del Salento, si cela un segreto millenario: la Chiesa di San Vito a Calimera. Questo luogo sacro, nascosto nella campagna a est del cimitero e adiacente agli antichi sentieri che conducono al Bosco di Calimera, porta in sé le tracce di un’epoca in cui il divino e il terreno danzavano insieme.
Fondata nel Cinquecento, la chiesa si erge come custode di una storia che affonda le radici ben oltre il cristianesimo, in un tempo in cui la fede si intrecciava strettamente con i cicli della natura. Al suo interno, l’unico ambiente della navata è dominato dalla presenza imponente di un megalite calcareo, conosciuto come la Sacra Roccia di San Vito. Questo monolite, caratterizzato da un foro centrale (men-an-tol, la pietra forata), è un testimone silenzioso dei riti di fertilità che qui avevano luogo, quando attraversarlo nel giorno di Pasquetta significava purificarsi e rinnovarsi.
Le origini di questo luogo sacro risalgono a un passato in cui l’uomo, ancora agli albori della sua esistenza, cercava di comprendere i misteri della vita, della morte e della rinascita. Era un tempo in cui la natura, nella sua forma più pura e incontaminata, era vista come specchio del divino, un medium attraverso cui esprimere la sacralità della vita. I menhir, antiche pietre verticali disseminate in varie parti d’Italia – dalla Sardegna alla Liguria, fino al profondo Sud – erano espressioni di questa ricerca, simboli di una fertilità perpetua dovuta all’unione degli elementi maschili e femminili del creato.
A Calimera, però, incontriamo una figura complementare a questi menhir: il Men-ân-Tol, il monolite forato che celebra il principio femminile, il grembo della terra da cui tutto nasce. Qui, la Dea Madre si manifesta, rivelando l’intima connessione tra l’uomo, la natura e il sacro.
La chiesa di San Vito, menzionata per la prima volta in un atto notarile del 6 marzo 1468, ha custodito questo legame ancestrale tra l’uomo e il sacro. Originariamente dotata di tre ingressi e tre altari, con l’altare maggiore sottostante una cupola affrescata, essa è diventata luogo di fusione tra il culto cristiano e le tradizioni pagane.
Le leggende che avvolgono la Sacra Roccia narrano tentativi di furto e miracolose manifestazioni di peso, che hanno reso impossibile il suo spostamento da parte degli abitanti di Martano. Questi racconti sottolineano il potere intrinseco della pietra e la sua integrazione nel tessuto spirituale di Calimera.
Il rito dell’attraversamento della pietra forata durante il Lunedì dell’Angelo è un momento di profonda spiritualità che lega i partecipanti al ciclo eterno di morte e rinascita, evocando l’antico legame con la terra e il divino. Questa pratica, insieme ai festeggiamenti che la seguono, con canti in dialetto griko e le danze delle pizziche, rievoca una sinergia tra fede, cultura e natura che resiste al tempo.
La decisione di costruire la chiesa di San Vito attorno alla pietra forata non è stata casuale, ma un tentativo consapevole di cristianizzare un simbolo pagano, inserendolo in un contesto religioso nuovo ma non meno ricco di significato. La festa di Pasquetta diventa così un momento di incontro tra il passato e il presente, un ponte tra le credenze ancestrali e la fede cristiana, testimoniando la capacità dell’uomo di trovare nel sacro una guida per la propria esistenza.
Questa storia di sincretismo e di fede ci ricorda che, nonostante i secoli di cambiamenti, il cuore spirituale del Salento continua a battere forte, radicato nelle tradizioni e nei riti che definiscono l’identità profonda di questa terra.
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Pasquetta e il rito della pietra forata, Calimera Podcast – Loquis